Facciamo finta che c’è un ragazzo.
Facciamo finta che questo ragazzo è nato e cresciuto nell’indigenza, che ha visto i propri genitori lavorare tutta la vita, li ha visti spremuti, li ha visti cotti e bolliti, li ha visti invecchiare e appassire, li ha visti spegnersi e gradualmente morire. Li ha visti razionare il cibo – il cibo! – dopo quarant’anni di lavoro. Li ha visti rimproverati da una padroncina medio borghese perché pagavano in ritardo l’affitto. Ha visto licenziare in tronco la propria sorella dopo vent’anni di lavoro in una catena di supermercati solo perché, dovendosi operare le mani – le stesse mani che quel lavoro ha ripetutamente consumato – ha superato i giorni di mutua “tollerati” dal contratto nazionale. E questa sorella ha due figli – si è dovuta indebitare, è stata minacciata di sfratto, si deve accontentare di otto mesi di un sussidio di disoccupazione sommamente ridicolo. Facciamo finta.
Facciamo finta che questo ragazzo – per tali e tanti altri motivi – abbia operato delle scelte, tra cui quella (piuttosto bizzarra, quasi una bestemmia) di mantenersi pulito, dignitoso. Etico. Una scelta piuttosto ovvia: non vendere vini o pentole o contratti telefonici alle vecchiette (“Toccate il cuore, e arriverete al portafogli”: ecco il modus operandi di quella feccia, non me lo sto inventando), oppure evitare il più possibile di contribuire, con il proprio lavoro, con il proprio consumo, ad alimentare quello stato di cose che fondamentalmente detesta. Quel ragazzo è laureato, anche a pieni voti – ma tanto lo sappiamo, la laurea oggi come oggi la prendono cani e porci. Quasi è uno smacco avercela – sapete, le normative europee… Bene.
Quel ragazzo esce una sera e va in centro. In centro. C’è il concorso di Miss Maglietta Bagnata, in centro. Ci sono i dehor pieni zeppi di gente. Ci sono i SUV parcheggiati. C’è un buon profumo nell’aria. C’è gente che paga 7 euro una bionda media annacquata. Il ragazzo deve sgranarsi sul palmo le monetine. Sono tutti ben curati, ben vestiti – sono tutti bellissimi. Ci sono i figli del padrone e i figli dei servi, ma si confondono tra di loro. Perché vogliono tutti la stessa cosa, la stessa solita vecchia minestra. I figli dei servi desiderano la tivù al plasma, un bel divano. Un cane a sorpresa. Le Pringles sempre disponibili. I soldi per fare una gitarella in qualche bella capitale. Il nostro, invece, no. Non desidera niente. Non lotterebbe affatto per ottenere più lavoro, lavoro più sicuro etc. Lotterebbe affinché la necessità del lavoro cessasse definitivamente. Lotterebbe affinché quella carneficina che maciulla ogni essere umano s’arrestasse. Lotterebbe per ripristinare l’Uomo, che oggi è un miracolo caduto. Loro lottano per le Pringles. Capite? Il mondo lotta per le Pringles.
Ci arrivate? Poi cosa succede? Succede che scatta la scintilla. Qualcosa prende fuoco. E chi vuol capire, capisca.
Facciamo finta che questo ragazzo è nato e cresciuto nell’indigenza, che ha visto i propri genitori lavorare tutta la vita, li ha visti spremuti, li ha visti cotti e bolliti, li ha visti invecchiare e appassire, li ha visti spegnersi e gradualmente morire. Li ha visti razionare il cibo – il cibo! – dopo quarant’anni di lavoro. Li ha visti rimproverati da una padroncina medio borghese perché pagavano in ritardo l’affitto. Ha visto licenziare in tronco la propria sorella dopo vent’anni di lavoro in una catena di supermercati solo perché, dovendosi operare le mani – le stesse mani che quel lavoro ha ripetutamente consumato – ha superato i giorni di mutua “tollerati” dal contratto nazionale. E questa sorella ha due figli – si è dovuta indebitare, è stata minacciata di sfratto, si deve accontentare di otto mesi di un sussidio di disoccupazione sommamente ridicolo. Facciamo finta.
Facciamo finta che questo ragazzo – per tali e tanti altri motivi – abbia operato delle scelte, tra cui quella (piuttosto bizzarra, quasi una bestemmia) di mantenersi pulito, dignitoso. Etico. Una scelta piuttosto ovvia: non vendere vini o pentole o contratti telefonici alle vecchiette (“Toccate il cuore, e arriverete al portafogli”: ecco il modus operandi di quella feccia, non me lo sto inventando), oppure evitare il più possibile di contribuire, con il proprio lavoro, con il proprio consumo, ad alimentare quello stato di cose che fondamentalmente detesta. Quel ragazzo è laureato, anche a pieni voti – ma tanto lo sappiamo, la laurea oggi come oggi la prendono cani e porci. Quasi è uno smacco avercela – sapete, le normative europee… Bene.
Quel ragazzo esce una sera e va in centro. In centro. C’è il concorso di Miss Maglietta Bagnata, in centro. Ci sono i dehor pieni zeppi di gente. Ci sono i SUV parcheggiati. C’è un buon profumo nell’aria. C’è gente che paga 7 euro una bionda media annacquata. Il ragazzo deve sgranarsi sul palmo le monetine. Sono tutti ben curati, ben vestiti – sono tutti bellissimi. Ci sono i figli del padrone e i figli dei servi, ma si confondono tra di loro. Perché vogliono tutti la stessa cosa, la stessa solita vecchia minestra. I figli dei servi desiderano la tivù al plasma, un bel divano. Un cane a sorpresa. Le Pringles sempre disponibili. I soldi per fare una gitarella in qualche bella capitale. Il nostro, invece, no. Non desidera niente. Non lotterebbe affatto per ottenere più lavoro, lavoro più sicuro etc. Lotterebbe affinché la necessità del lavoro cessasse definitivamente. Lotterebbe affinché quella carneficina che maciulla ogni essere umano s’arrestasse. Lotterebbe per ripristinare l’Uomo, che oggi è un miracolo caduto. Loro lottano per le Pringles. Capite? Il mondo lotta per le Pringles.
Ci arrivate? Poi cosa succede? Succede che scatta la scintilla. Qualcosa prende fuoco. E chi vuol capire, capisca.