Il nuovo secolo si è aperto all'insegna dell'emergenza acqua. Nel mondo oltre 1 miliardo e 200 milioni di persone non hanno acqua potabile ed altri 800 milioni non dispongono di un rubinetto in casa. Ogni anno quasi 10 milioni di individui muoiono per mancanza d'acqua o per avvelenamento idrico, bevendo cioè acqua inquinata o contaminata.
Secondo alcuni esperti, se non si corre subito ai ripari, entro il 2025, su una popolazione mondiale di 8 miliardi di persone, 2 miliardi e 300 milioni non avranno acqua potabile; secondo alcuni la situazione diventerà gravissima nel giro di un decennio, perché oltre la metà della popolazione del pianeta soffrirà per la carenza di acqua potabile e per usi agricoli.
Per comprendere bene il problema, va tenuto presente che ogni anno nel mondo si consumano 3.500 chilometri cubi d'acqua dolce e che nel 2025 ne serviranno almeno 2.000 in più. I due terzi dell'acqua finiscono nell'agricoltura, il 23% va all'industria e solo l'8% è usato per scopi domestici. Ben metà dell'acqua utilizzata in agricoltura va dispersa a causa di sprechi, di perdite delle condotte idriche e per inquinamento; questo problema riguarda in maggiore o minore misura tutti i paesi del mondo. Nel nostro paese sono ancora utilizzati vecchi acquedotti ormai diventati "colabrodo", che disperdono preziosa acqua lungo il tragitto dalle fonti ai rubinetti di casa, costringendo in molte zone meridionali, durante i mesi più caldi, un drastico razionamento della fornitura. In zone come la Puglia, ad esempio è attualmente in progetto la costruzione di un grande acquedotto sottomarino proveniente dall'Albania.
E' interessante notare come il consumo d'acqua nel mondo ricalchi perfettamente le condizioni economiche e sociali dei vari paesi: un americano, ad esempio, consuma in media ben 425 litri d'acqua al giorno mentre un europeo 165 litri.
Ogni italiano consuma mediamente 380 litri d'acqua al giorno, ma c'è una bella differenza tra le regioni del nord e quelle del sud, minacciate quest'ultime dalla desertificazione. Attualmente vi è una scarsissima informazione sul problema delle risorse idriche mondiali e questo ci lascia perplessi, considerato che l'acqua è un bene assolutamente essenziale per la vita; si pensi che una persona adulta può sopravvivere senza cibo per un mese, ma senz'acqua solo una settimana.
Un rimedio per procurarsi più acqua potrebbe essere quello di destalinizzare l'acqua del mare, ma questa operazione comporta un tale spreco di energia che solo i paesi produttori di petrolio possono permettersi; in ogni caso, poi l'acqua così ottenuta avrebbe un costo esagerato. Una possibile soluzione, decisamente più economica, è quella di riciclare tutta l'acqua dolce usata nei centri urbani e che va a finire nelle fogne, disperdendosi. A tale riguardo già oggi in Israele il 70% degli scarichi, al termine di un particolare trattamento, viene usato in agricoltura, per l'irrigazione dei campi. Qualcosa del genere hanno tentato di fare anche il Messico ed il Cile, ma l'errore di non aver provveduto a depurare preventivamente le acque reflue ha causato gravi epidemie di tifo.
Un provvedimento da adottare subito è quello di razionalizzare l'erogazione idrica in vaste regioni, in modo da evitare che alcune zone abbiano acqua a sufficienza, ma grandi perdite lungo il percorso, mentre altre soffrano la sete. Questo comporta seri problemi sul piano politico. L'Egitto, ad esempio, attinge la sua acqua dal Nilo ma le sorgenti del fiume sono in Uganda, Etiopia e Sudan; questa situazione favorisce le costanti pressioni ed i ricatti da parte dei paesi che controllano di fatto l'apertura e la chiusura dei "rubinetti".
L'Egitto fra 25 anni conterà una popolazione di 220 milioni di abitanti e, perciò, avrà bisogno di sempre più acqua per usi civili e, agricoli, ma questa necessità andrà contro gli interessi dell'Etiopia, altrettanto impegnata a sviluppare la sua agricoltura e certamente non sarà vista di buon occhio dagli altri stati africani custodi delle sorgenti.
Un altro esempio ci viene dalla regione mediorientale: la Turchia è impegnata in un processo di distensione con Giordania, Libano ed Israele e, in cambio di pace con annesse varie concessioni dei vecchi nemici, è disposta ad offrire la sua acqua facendola viaggiare sulle strade del petrolio; anche Iran ed Iraq, altri paesi assetati, potrebbero partecipare ai negoziati. L'Iraq, in particolare, accusa la Turchia di aver imbrigliato il fiume Tigri con una serie di dighe, riducendolo ad un rigagnolo quando entra in territorio iracheno.
La popolazione curda non riesce ad ottenere la tanto sospirata indipendenza anche perché si troverebbe a controllare sia il Tigri che l'Eufrate che offrono acqua ad un vasto territorio. Gli stessi rapporti fra Israele e Siria dipendono dall'acqua: il fiume Giordano, che attraversa la regione, scende dalle alture del Golan occupato dagli israeliti a spese dei siriani attraverso la "guerra dei sei giorni" del 1967; il Golan infatti, ha il potere di aprire e chiudere il rubinetto ed è perciò molto forte ai tavoli delle trattative.
Lo stesso discorso vale per il conteso lago di Tiberiade. L'acqua, insomma, per certi aspetti è diventata più importante del petrolio e qualcuno l'ha già ribattezzata l'oro blu. Se ritorniamo ancora più indietro nel tempo, ci rendiamo conto che intere civiltà sono scomparse a causa dell'esaurimento delle loro fonti idriche e del conseguente processo di desertificazione: l'Impero mesopotamico, la Cina del fiume giallo, la civiltà Arrapan del fiume Indo, il regno Chimu in Perù, la cultura Hohokam in Arizona (USA), sparirono perché le loro economie si basavano evidentemente sull'agricoltura e quando le fonti idriche si esaurirono il deserto ingoiò tutto.
Con il progressivo impoverimento delle falde acquifere e con tutte quelle fonti d'inquinamento parlare di acqua potabile vuol dire essere degli inguaribili ottimisti. Fra il 17 ed il 22 marzo 2000 si è svolto all'Aja un forum mondiale sull'acqua, che ha adottato il significativo slogan "From Vision to Action". La conferenza ha chiesto ai Governi mondiali un radicale cambiamento nella gestione dell'emergenza idrica affidando la captazione, la distribuzione, la gestione integrata fino al riciclo a società internazionali specializzate in grado di garantire la qualità dell'acqua e la sua distribuzione a tutte le popolazioni; questo comporterà certamente costi aggiuntivi ma servirà a garantire a tutti un bene primario, razionalizzando l'uso mondiale dell'oro blu.
Già attualmente intorno all'acqua ruota un business di 500 mila miliardi di lire annue tra acquedotti, dighe, depuratori, impianti di riciclo e quant'altro; ciò significa la necessità di un oculato controllo internazionale di una risorsa indispensabile per la vita. La FAO ha un dipartimento che si occupa di frumento,terra e acqua.
L'Italia ha offerto un importante contributo al forum, proponendo per bocca del Ministro dell'Ambiente che l'annullamento del debito dei paesi poveri da parte di quelli ricchi avvenga in cambio della realizzazione di mirati progetti ambientali,riguardanti anche il saggio uso delle risorse idriche, specialmente in caso di loro alterazione a seguito di inquinamento. Il nostro futuro dipende, dunque, anche dall'acqua e, soprattutto, dalla possibilità di accesso ad acqua pulita da parte di tutte le popolazioni.
Dove non c'è acqua o ve ne è in minima quantità e, per giunta, inquinata, si diffondono rapidamente fame e malattie; pertanto, riuscire a gestire le risorse idriche a livello di organizzazioni internazionali significa contribuire alla crescita dei paesi del terzo e del quarto mondo. In fondo, a ben guardare, salvare loro significa salvare anche noi stessi.
Si tratta di un affare che si basa sulla vendita di un bene vitale e pubblico che raramente si dovrebbe pagare. Le multinazionali coinvolte si appropriano dell'acqua dei Paesi dove si stabiliscono. Così, Danone, Nestlè o Coca-Cola, stanno facendo il grosso dell'affare con l'acqua di altri Paesi, e in misura molto inferiore con la propria acqua. Il che significa, a seconda della legislazione di ogni paese, che l'acqua con la quale le multinazionali trafficano passa da proprietà della nazione a proprietà privata.
Questo non è un affare qualunque, soprattutto se si considera che il mercato dell'acqua in bottiglia è maggiore di quello del petrolio. Come affermò il precedente Presidente della Perrier (una marca della Nestlè): "Tutto quello che si deve fare è portare l'acqua in superficie e poi venderla ad un prezzo maggiore del vino, del latte o anche del petrolio".
A livello mondiale, questo mercato è stimato in 22 miliardi di dollari all'anno, da qui ne consegue una competizione"accanita" (come l'ha definita Nestlè per il caso del mercato nord americano).
Uno dei motivi per cui il mercato dell'acqua in bottiglia ha avuto tanto successo è per la presunta sicurezza di poter consumare acqua potabile di qualità. Anche se l'Organizzazione Mondiale per l'Agricoltura e l'Alimentazione (FAO) delle Nazioni Unite, ha dichiarato che l'acqua in bottiglia non è migliore di quella del rubinetto.
La conclusione di uno studio del Consiglio per la Difesa delle Risorse Naturali (in inglese NRDC) del 1999 assicura, secondo Barlow e Clarke, che almeno un terzo delle 103 marche di acqua in bottiglia che sono state studiate è contaminata; incluso residui di Escherichia coli e arsenico. Un quarto dell'acqua in bottiglia, aggiunge lo studio, è presa direttamente dal rubinetto e poi processata e purificata fino ad un certo punto, ma in molti Paesi, l'acqua in bottiglia è soggetta a esami e standard di purezza meno rigorosi di quella del rubinetto.
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