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mercoledì 22 settembre 2010

L'insegnamento delle rose

Quante se ne trovano per poter apprendere; vi omaggio di una parte tratta da un libro che sto leggendo...

“Vieni, bambina mia, andiamo dal fiorista. Come si chiama questo fiore?”.
“Rosa.”
“Bene. Che cosa sai di questo fiore?”
“E un fiore che può avere tanti colori, un profumo gradevole, tanti petali e così via.”
“Lo sai come si coltiva, quanto dura la sua vita, quale clima preferisce?”
“No.”
“Per imparare a pensare, piccola mia, innanzitutto devi riconoscere che non puoi sapere tutto di questo fiore. Quello che dici su di lui dipende soltanto da quello che conosci, dalla tua esperienza. Per esempio, ci sono persone che con un microscopio riescono a conoscere la sua struttura fin negli atomi. Altri sanno come far nascere le rose, altri distinguono diverse sfumature del loro profumo... Nessuno può sapere tutto. Allora, per quel che ne sai, questo fiore è una rosa con tanti petali e un piacevole profumo, ma ci sono tante cose di lei che non conosci. Accetti questa idea?”
“Sì, papà, la accetto. Per quel che ne so, questo fiore è molto bello.”
“È bello se lo confronti con fiori più brutti. Ma la tua rosa, paragonata a fiori ancora più belli, potrebbe sembrare brutta. Diciamo allora che è bella fino a un certo punto. Non si possono imprigionare le cose in concetti assoluti, figliola. Le cose sono belle o brutte in confronto ad altre o a seconda del gusto di chi le giudica... Prendi tre secchi, in uno metti l’acqua fredda, in un altro l’acqua tiepida e nel terzo l’acqua calda. Se metti una mano nell’acqua fredda e l’altra nell’acqua tiepida, quest’ultima ti sembrerà calda. Se metti una mano nell’acqua calda e l’altra nell’acqua tiepida, questa ti sembrerà fredda. Tutti i concetti che usiamo si basano sul confronto: se diciamo piccolo, lo confrontiamo con qualcosa che ci sembra grande. Le dimensioni dipendono da chi osserva: un nano, per una formica, è un gigante. Lo stesso accade con altri paragoni: per un vecchio di novant’anni, un uomo di settanta è ancora giovane... Che cosa trovi più interessante in questa rosa: la sua forma, il colore, il profumo o che altro?”
“Il profumo.”
“Allora, per te, la parte invisibile di questo fiore è ciò che lo definisce. Invece per me, è più importante la sua forma... Quindi tu dai più importanza allo spirito delle cose e io alla parte materiale. Hai capito? Tutte le cose si definiscono con un ‘per me’. Tu puoi dire: ‘Mio padre è buono... per me’. Uno dei miei alunni potrebbe dire che sono un tiranno... per lui. Se compriamo questa rosa, per me, che ho dei soldi in tasca, sarà a buon mercato. Per una persona povera, sarà costosa... E ora osserva bene questo mazzo: quante rose lo compongono?”
“Dodici.”
“Sono tutte uguali?”
“Sì.”
“Osservale bene: quella lì ha le spine più lunghe, quell’altra è di un rosso impercettibilmente più chiaro delle altre... Annusa questa...”
“Bleah, che schifo!”
“Un insetto è rimasto imprigionato fra i suoi petali e si è putrefatto lì... Sono fiori simili, capisci?, non identici. Nella vita ti aiuterà parecchio sapere che nessuna cosa e nessuna creatura sono completamente identiche alle altre. Pensare che ciò che si somiglia è identico e agisce allo stesso modo significa commettere un errore di generalizzazione. Una persona intelligente si sforza di cogliere le differenze essenziali che ci sono in ciascun individuo. Imparerai che non puoi essere saggia se parli di ‘uomini’, ‘donne’, ‘neri’, ‘cattivi’, ‘pittura’, ‘politica’, ‘medicina’... Nessuna generalizzazione funziona: un politico può essere onesto, eroico, sagace; un altro politico può essere ladro, crudele, bugiardo... Fa’ attenzione, piccola, perché chi parla appellandosi sempre a concetti generici cerca soltanto di affermare il proprio potere! Andiamo avanti. Credi che questa rosa sia uguale a se stessa?”
“Non ti capisco... Questa rosa è questa rosa, non è nient’altro.”
“Ti sbagli, ragazzina. Questa rosa adesso è così. Domani o dopodomani comincerà ad appassire, cambierà. Prima di adesso è stata un bocciolo. Tu ora sei una bambina, ben presto diventerai adulta, e poi vecchia. E infine la tua materia subirà una trasformazione, ti trasformerai in qualcos’altro. In che cosa? Non lo sappiamo. Se abbiamo fede, pensiamo che diventeremo immateriali, pieni di felicità. Siamo stati qualcosa prima di ‘nascere’, saremo qualcosa dopo ‘essere morti’. Di ogni cosa, di ogni creatura che vedi, pensa: ‘Oggi è così, domani cambierà, in negativo o in positivo...’. E se non cambia sarà condannata a marcire, come l’insetto prigioniero tra i petali.”

2 commenti:

Zio Tibia ha detto...

Tutto molto interessante
pero'
"E se non cambia sarà condannata a marcire, come l’insetto prigioniero tra i petali"

si cambia anche senza volero, oppure non si cambia anche volendolo o sforzandosi di cambiare!
Il bene e il male sono nostre etichette, perche' aggiungere la sopra citata frase?
Non si finira' comunque a essere cibo per i vermicelli ? L'unica cosa che si puo' fare e' lavorare affinche i vermi non si creino, ma cmq fisicamente si e' morti lo stesso... Per il dopo che ognuno scelga quello che vuole... lo avra'! ;)
no?

Ufo1 ha detto...

Dialettica dell'autore, credo. D'altronde il passaggio continua e finisce con:

“Lo capisci meglio adesso? Bisogna tenere la mente fissa sul presente. Oggi qualcuno è una cosa, domani potrebbe essere un’altra. Lo stesso succede con i rapporti di coppia. Cambiano. Uno psicoanalista inglese ha detto che ‘la coppia è una crisi continua’. Io sostituirei la parola ‘crisi’ con ‘cambiamento’, un cambiamento continuo. Un giorno piove, un altro giorno spunta il sole. Niente è per sempre. Niente è identico a se stesso. Non siamo, continuiamo a essere... E per finire ti chiedo un’ultima volta: Questo fiore è bello?”
“Sì, questo fiore è bello, per me.”
“Bene. Ora dimmi: dove è bello?”
“Be’ ... qui”.
“Esatto, qui la tua rosa è bella: il fiorista la mette in vetrina dopo averla recisa, condannandola a una rapida morte. Non credi che in un giardino, senza essere separata dalla pianta, con le radici intatte, sarebbe più bella?”
“Sì, papà, con le radici sarebbe ancora più bella.”
“Bene, ti ho indotto a immaginarla mentre cresce in un giardino. Adesso prova a immaginarla mentre cresce tra le rocce, in un terreno aridissimo.”
“Sarebbe meno bella, per me...”
“Esatto. Ora ritorniamo alla rosa recisa: se la metti in un luogo luminoso è una rosa, se la metti in un luogo buio, è una rosa diversa. È importante sapere dove sei quando pensi, perché se lo fai su un terreno negativo, quello che dici, per quanto bello possa essere, non varrà granché e nessuno vi presterà importanza. I semi che germogliano su una terra fertile diventano sterili se li semini sulla sabbia.”
“Ora ho capito, papà, non devo seminare sulla sabbia...”
“Non trarre conclusioni affrettate: non si tratta di non seminare, ma di seminare in modo diverso... Invece di sotterrare i semini, potresti spargerli sopra una superficie rocciosa. Un uccello li becca e, non riuscendo a digerirli, magari li espelle su un terreno più fertile.”

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