Poco a poco, piano piano, ed ecco che la vecchia TV analogica se ne va in silenzio. Al suo posto arriva la DTT e per chi non coperto dal servizio, digitale via satellite. In verità di nuovo c'è solo il marketing che vede la corsa per interessi poco chiari, ma che non contemplano eventuali diritti dei cittadini.
Il DTT è una tecnologia che permette a parità di potenza e banda, la trasmissione di più canali sulla stessa frequenza, inoltre, dato che il segnale è digitale e non analogico, può essere resa interattiva tramite un doppino telefonico, con l'emittente che abilita eventuali servizi aggiunti. Sul satellite era presente da tempo, ma lasciato come un prodotto di nicchia, poco a poco i commercianti del settore, ne hanno approfittato per piazzare i loro decoder e i loro programmi a pagamento.
La neonata TivùSat è ufficialmente partita ma inizia da subito a mostrare le caratteristiche dei venditori senza scrupoli. Le prove di trasmissione infatti, sono ancora in opera e non si ha al momento, un chiaro disegno di frequenze e modalità. Su satellite c'è un susseguirsi di frequenze e crittografie atte a sostenere i ponti terrestri che erano già operativi ma, che funzionavano con una codifica diversa da quella che RAI ha dichiarato e inserito sull'ennesimo e nuovo decoder.
Ai cittadini (utenti visto che il "canone" è d'obbligo), è stata raccontata la solita storiellina del "gratis" più efficiente e meglio definito; in realtà è solo la conseguenza di operazioni commerciali fra imprese che quando bisticciano fra loro, sono peggio dei bambini.
La Tv pubblica non solo è uscita dalla piattaforma di Rupert Murdoch con i suoi canali satellitari, ma presto potrebbe oscurare anche le cosiddette reti "free": RaiUno, RaiDue e RaiTre.
Una scelta che assesterebbe un ultimo e potentissimo colpo all'emittente del tycoon australiano. Ma soprattutto supererebbe le prescrizioni dell'attuale Contratto di servizio sottoscritto appunto dalla Rai e dal ministero delle Comunicazioni. Un ostacolo non da poco. Che però il governo sta provando a bypassare.
Un'operazione allo studio non solo ai piani alti di Viale Mazzini. Ma anche dalle parti di Palazzo Chigi. O meglio, negli uffici del dicastero delle Attività produttive. E già, perché per cancellare la Rai dai canali 101, 102 e 103 di Sky è indispensabile modificare proprio il Contratto di servizio siglato nel 2007 dal governo Prodi.
In quel documento, all'articolo 26, si prevede che i canali analogici del servizio pubblico debbano essere presenti "sulle diverse piattaforme distributive". Quindi, tutte le piattaforme. Quelle satellitari e quelle del digitale terrestre. Uno stratagemma per raggiungere tutto il territorio nazionale, anche quello non coperto dalle più classiche antenne televisive.
Ma guarda caso, il Contratto di servizio scade il 31 dicembre 2009. E andrà rinnovato. Una competenza esclusiva dell'esecutivo. Tra le ipotesi sul tavolo del viceministro, Paolo Romani, allora c'è proprio quella di modificare l'articolo 26. Come? Stabilendo che i canali analogici della Rai siano presenti su "almeno una" delle piattaforme.
E l'alternativa è già pronta: la neonata Tivusat, frutto dell'intesa Rai-Mediaset. Una modifica necessaria anche per la recente interpretazione data dal presidente dell'authority per le Tlc, Corrado Calabrò, secondo il quale Viale Mazzini "must offer", ossia deve offrire le sue reti a tutte piattaforme.
Non solo, in una recente audizione in commissione di Vigilanza, lo stesso Calabrò aveva sottolineato che è compito dell'Autorità interpretare i limiti e gli ambiti del Contratto di servizio.
La scelta del governo, dunque, punta proprio a dribblare anche i paletti dell'Agcom. Modificando il "Contratto", nessuno potrà opporsi al definitivo addio di Rai a Sky. E per l'emittente satellitare diventerà obbligatorio rivedere l'intero bouquet. L'ennesimo schiaffo da parte del governo Berlusconi in pochi mesi: prima l'aumento dell'Iva al 20% e ora l'affondo sulla piattaforma satellitare.
Nel frattempo la guerra dei nervi con la Newscorp andrà avanti. Fino al 31 dicembre le ore "criptate" della tv pubblica aumenteranno sempre più sfruttando fino in fondo la regola che prevede la trasmissione solo nazionale (le parabole invece captano il segnale in tutta Europa) dei programmi per i quali Viale Mazzini ha i "diritti domestici": film di prima visione televisiva e partite di calcio.
Una situazione che è balzata agli occhi del Presidente della Repubblica Napolitano preoccupato anche del destino di 120 lavoratori Rai impegnati nei canali satellitari. Senza contare che l'addio a Sky costerà quest'anno alla tv pubblica circa 57 milioni di euro.
Una contrazione delle entrate che nell'ultimo budget stilato da Viale Mazzini è stato dimenticato.
Non solo. La guerra è condotta per ora solo dalla Rai. Mediaset al momento non sembra avere intenzione di "scendere" dal satellite. Cripta solo alcune trasmissioni, come i match delle squadre i cui diritti sono stati acquisiti da Mediaset.
Non "scende" completamente, pur non avendo i vincoli del Contratto di servizio, perché non è "conveniente" dal punto di vista economico: i punti di auditel in più dati dalle parabole si riversano direttamente sulla raccolta pubblicitaria. La successiva sfida, però, si disputerà su altro terreno: quello dei diritti Sky sui film della berlusconiana Medusa.
Il DTT è una tecnologia che permette a parità di potenza e banda, la trasmissione di più canali sulla stessa frequenza, inoltre, dato che il segnale è digitale e non analogico, può essere resa interattiva tramite un doppino telefonico, con l'emittente che abilita eventuali servizi aggiunti. Sul satellite era presente da tempo, ma lasciato come un prodotto di nicchia, poco a poco i commercianti del settore, ne hanno approfittato per piazzare i loro decoder e i loro programmi a pagamento.
La neonata TivùSat è ufficialmente partita ma inizia da subito a mostrare le caratteristiche dei venditori senza scrupoli. Le prove di trasmissione infatti, sono ancora in opera e non si ha al momento, un chiaro disegno di frequenze e modalità. Su satellite c'è un susseguirsi di frequenze e crittografie atte a sostenere i ponti terrestri che erano già operativi ma, che funzionavano con una codifica diversa da quella che RAI ha dichiarato e inserito sull'ennesimo e nuovo decoder.
Ai cittadini (utenti visto che il "canone" è d'obbligo), è stata raccontata la solita storiellina del "gratis" più efficiente e meglio definito; in realtà è solo la conseguenza di operazioni commerciali fra imprese che quando bisticciano fra loro, sono peggio dei bambini.
La Tv pubblica non solo è uscita dalla piattaforma di Rupert Murdoch con i suoi canali satellitari, ma presto potrebbe oscurare anche le cosiddette reti "free": RaiUno, RaiDue e RaiTre.
Una scelta che assesterebbe un ultimo e potentissimo colpo all'emittente del tycoon australiano. Ma soprattutto supererebbe le prescrizioni dell'attuale Contratto di servizio sottoscritto appunto dalla Rai e dal ministero delle Comunicazioni. Un ostacolo non da poco. Che però il governo sta provando a bypassare.
Un'operazione allo studio non solo ai piani alti di Viale Mazzini. Ma anche dalle parti di Palazzo Chigi. O meglio, negli uffici del dicastero delle Attività produttive. E già, perché per cancellare la Rai dai canali 101, 102 e 103 di Sky è indispensabile modificare proprio il Contratto di servizio siglato nel 2007 dal governo Prodi.
In quel documento, all'articolo 26, si prevede che i canali analogici del servizio pubblico debbano essere presenti "sulle diverse piattaforme distributive". Quindi, tutte le piattaforme. Quelle satellitari e quelle del digitale terrestre. Uno stratagemma per raggiungere tutto il territorio nazionale, anche quello non coperto dalle più classiche antenne televisive.
Ma guarda caso, il Contratto di servizio scade il 31 dicembre 2009. E andrà rinnovato. Una competenza esclusiva dell'esecutivo. Tra le ipotesi sul tavolo del viceministro, Paolo Romani, allora c'è proprio quella di modificare l'articolo 26. Come? Stabilendo che i canali analogici della Rai siano presenti su "almeno una" delle piattaforme.
E l'alternativa è già pronta: la neonata Tivusat, frutto dell'intesa Rai-Mediaset. Una modifica necessaria anche per la recente interpretazione data dal presidente dell'authority per le Tlc, Corrado Calabrò, secondo il quale Viale Mazzini "must offer", ossia deve offrire le sue reti a tutte piattaforme.
Non solo, in una recente audizione in commissione di Vigilanza, lo stesso Calabrò aveva sottolineato che è compito dell'Autorità interpretare i limiti e gli ambiti del Contratto di servizio.
La scelta del governo, dunque, punta proprio a dribblare anche i paletti dell'Agcom. Modificando il "Contratto", nessuno potrà opporsi al definitivo addio di Rai a Sky. E per l'emittente satellitare diventerà obbligatorio rivedere l'intero bouquet. L'ennesimo schiaffo da parte del governo Berlusconi in pochi mesi: prima l'aumento dell'Iva al 20% e ora l'affondo sulla piattaforma satellitare.
Nel frattempo la guerra dei nervi con la Newscorp andrà avanti. Fino al 31 dicembre le ore "criptate" della tv pubblica aumenteranno sempre più sfruttando fino in fondo la regola che prevede la trasmissione solo nazionale (le parabole invece captano il segnale in tutta Europa) dei programmi per i quali Viale Mazzini ha i "diritti domestici": film di prima visione televisiva e partite di calcio.
Una situazione che è balzata agli occhi del Presidente della Repubblica Napolitano preoccupato anche del destino di 120 lavoratori Rai impegnati nei canali satellitari. Senza contare che l'addio a Sky costerà quest'anno alla tv pubblica circa 57 milioni di euro.
Una contrazione delle entrate che nell'ultimo budget stilato da Viale Mazzini è stato dimenticato.
Non solo. La guerra è condotta per ora solo dalla Rai. Mediaset al momento non sembra avere intenzione di "scendere" dal satellite. Cripta solo alcune trasmissioni, come i match delle squadre i cui diritti sono stati acquisiti da Mediaset.
Non "scende" completamente, pur non avendo i vincoli del Contratto di servizio, perché non è "conveniente" dal punto di vista economico: i punti di auditel in più dati dalle parabole si riversano direttamente sulla raccolta pubblicitaria. La successiva sfida, però, si disputerà su altro terreno: quello dei diritti Sky sui film della berlusconiana Medusa.
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