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venerdì 7 agosto 2009

Vecchi nastri, DVD, che rifiuti sono?

I nastri (pellicole di supporto della traccia registrata) delle cassette audio e video più comuni sono costituiti da una base portante (acetilcellulosa, polivinilcloruro – PVC – polietilentereftalato – PET) su cui viene fissato uno strato di particelle magnetiche ( Fe3O4, Fe2O3, CrO2. – ossidi di ferro e di cromo).

Vi sono anche lubrificanti, detergenti fonorilevatori e altre sostanze in relazione ai diversi “marchi” dei produttori (in termini quantitativi sono poca cosa).
Le particelle magnetiche sono “legate” alla pellicola da una sostanza legante (a base di poliestere o di poliuretano).

Sul retro della pellicola (parte non registrabile) vi è un sottile strato di particelle sintetiche di carbonio per dare maggiore stabilità ed evitare il formarsi di elettricità statica

In realtà una cassetta, in termini di peso, è costituita principalmente dalla struttura “portante” che contiene il nastro avvolto, di norma in Politetilene ad alta densità (HDPE) (vi possono essere particolari in altre materie plastiche).

In sostanza ci troviamo di fronte a un prodotto complesso con sostanze diverse, condizione che non facilita il riciclaggio (posto che tali merci siano correttamente oggetto di raccolta differenziata).

Rammento a tale proposito che l’obbligo di raccolta differenziata – allo stato – riguarda certamente l’imballaggio del prodotto “cassetta audio/video” (di norma in polietilene, per le cassette VHS anche in cartoncino) e non il prodotto stesso (in quanto le cassette non sono comprese nella definizione di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche).

La “scatola” che contiene la cassetta (o il DVD) sono pertanto formalmente oggetto di raccolta differenziata e di riciclo/recupero (in Italia) da parte del Consorzio COREPLA (vi è stata anche una sentenza – specificatamente relativa ai contenitori dei DVD - che ha chiarito che il contenitore è un imballaggio a tutti gli effetti della normativa sui rifiuti).

In teoria la cassetta, essendo costituita principalmente da polietilene, dovrebbe venir raccolta dal Consorzio dei beni in polietilene, questo consorzio dovrebbe occuparsi di tutti i prodotti in polietilene (ad esempio gli shopper) che non siano imballaggi, in realtà è un carrozzone che si occupa (quando se ne occupa) del ritiro e del riciclo dei teli agricoli per le serre e di poco altro.

Nel caso dei più recenti DVD il problema è (in teoria) molto più semplice : il disco è di Policarbonato, una plastica riciclabilissima (ma di cui non vi è obbligo di raccolta differenziata) mentre il contenitore è di norma in Polietilene, altrettanto riciclabile, e, come già detto, da raccogliere in modo differenziato (per il riciclo/recupero) in quanto imballaggio.

Sotto il profilo tecnico possiamo dire che uno dei problemi di conservazione delle registrazioni potrebbe venire in aiuto a iniziative di riciclaggio dei nastri.
I legami di catene di poliestere nel legante che deriva dai polimeri, presente sui nastri magnetici, sono soggetti al processo di idrolisi, scindendosi in alcoli e gruppi terminali acidi (l’idrolisi è un processo chimico di scissione dei legami chimici attivate con l’acqua).

Trattamenti con acqua e additivi idonei, a temperature e pressioni maggiori di quelle dell'ambiente per velocizzare le reazioni, sarebbero in grado di degradare anche i polimeri che compongono il nastro ottenendo dei composti più semplici utilizzabili in altri processi produttivi (recupero) o anche nello stessa filiera di partenza (riciclo). La quota di metalli dovuta al supporto magnetico sarebbe agevolmente separabile dal resto e avviabile a diversi utilizzi come cariche in altri prodotti.

Il PET (quello delle bottiglie dell’acqua minerale per intenderci), il Polietilene (ampiamente utilizzato nei flaconi per liquidi alimentari e non alimentari) e il PVC (nonché il policarbonato) si prestano inoltre in misura più o meno elevata al cosiddetto riciclaggio meccanico ovvero a essere aggiunti a materie plastiche vergini durante l’estrusione a caldo di altri prodotti previa loro frammentazione minuta.

Il problema principale è dovuto alla incompatibilità che vi è tra diverse materie plastiche (in particolare – tra quelle sopra ricordate – il PVC è un ospite non gradito), questo problema è risolvibile solo attuando una raccolta differenziata in grado di distinguere le diverse plastiche o alla fonte o con sistemi di selezione automatica (che di norma sfruttano fenomeni ottici o la solubilità differente tra le materie) o manuale (la preferibilità tra questi sistemi è stata indicata in ordine decrescente).

In tutti i casi l’ostacolo maggiore è il costo di tali operazioni rispetto al valore della materia prima seconda ottenuta: fino a quando l’estrazione di materie vergini (in questo caso il petrolio) avrà un prezzo ridicolo rispetto alle problematiche ambientali non sarà conveniente riciclare/recuperare alcune merci (ma anche per diverse tra quelle usualmente oggetto di raccolta differenziata occorrono forme di incentivazioni od obblighi nei confronti dei produttori per poter attivare sistemi di raccolta e riciclo che si avvicinano alle necessità della tutela ambientale e della salute improcrastinabili da tempo).

Un ostacolo altrettanto importante è l’incentivazione economica e normativa che trova l’incenerimento (“recupero energetico”) dei prodotti costituiti da materie plastiche in particolare in Italia.

Insomma, tecnicamente riciclare i nastri audio/video e le cassette nella loro interezza è una attività fattibile che necessita di una limitata messa a punto tecnologica, l’entità quantitativa dei rifiuti, la loro produzione relativamente limitata e i relativi costi di raccolta/separazione e trattamento non rendono “interessante” al mondo industriale tale attività né i decisori politici si sono posti il problema (e preferiscono tutti assieme la “scorciatoia” dell’incenerimento, scorciatoia però che rischia di condurre solo in un vicolo cieco e di perpetuare lo spreco delle risorse e dell’inquinamento).

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