Si sa che la meteorologia e la climatologia sono spesso a livello popolare e amatoriale crivellate da luoghi comuni per lo più non veri. Ma questo non succede forse a tutte le scienze?
Il classico "non esistono più le mezze stagioni" è diventato un tormentone: un po' come quell'altro di natura politica, "si stava meglio quando si stava peggio", di ardua interpretazione filosofica!
Qualche tempo fa scrivevamo, provocatoriamente (ma poi non così tanto), che gli italiano sono un popolo di meteo-ignoranti. Conoscono molto poco sia delle caratteristiche geo-climatiche delle loro regioni, sia della fenomenologia meteorologica, sia dei recenti modelli numerico - previsionali. Insomma, spesso non hanno gli strumenti per poter giudicare, tra le altre cose, quanto sia corretta una previsione meteo o un'analisi climatica.
Detto ciò non si può certo non constatare che gli ultimi mesi hanno messo a dura prova un altro vecchio luogo comune: il dolce e mite clima mediterraneo! Ovviamente esiste anche scientificamente la definizione di clima mediterraneo per indicare un clima temperato caldo, generalmente privo di grandi eccessi, di cui beneficiano zone della Terra come la California, il meridione del Sud-Africa ed ovviamente l'Italia. A livello popolare invece si tende a pensare che l'Italia debba essere una sorta di terra felice, immune da qualsiasi estremo meteorologico.
Gli ultimi avvenimenti hanno messo a dura prova anche questo dogma.
I mesi invernali e quelli primaverili, da novembre 2008 ad aprile 2009, hanno fatto segnare il più anomalo periodo piovoso da quando si tengono misurazioni meteo accurate, cioè da quasi due secoli. Le nostre montagne sono state sommerse da metri di neve, come non accadeva da decenni, causando notevoli problemi sia agli uomini che alla natura. È addirittura molto probabile che questa estate si potrà sciare in zone dove non accadeva da molto tempo sulle Alpi.
Poi è arrivato maggio, e improvvisamente sono cessate le piogge e sono arrivate ben due ondate di caldo africano, talmente potenti da far cadere numerosi record di caldo dell'ultimo mese primaverile. 35°C in molte località del Centro e del Nord, ma anche quasi 40°C in Sardegna!
Temperature assurde per maggio, e che sarebbero considerate molto alte anche in pieno luglio!
Ovviamente col caldo è aumentata l'energia in campo: alla minima infiltrazione di aria fresca si sono scatenati in Europa e anche in Italia fortissimi temporali, spesso purtroppo associati a trombe d'aria e disastrose grandinate. Oltretutto nel giro di pochi giorni si è passati dal clima africano, caldo e umido, a nuove nevicate a quote relativamente basse per la stagione sui monti, sia sugli Appennini che sulle Alpi.
Ora insisterà sul nostro paese per alcuni giorni una circolazione orientale, fresca e instabile, che ci ha riportato bruscamente in primavera.
Tutto ciò è normale?
Non è forse il segno che il Global Warming sta rendendo davvero più violenti i fenomeni meteorologici?
Oppure semplicemente abbiamo la memoria troppo corta, e tendiamo a dimenticare che vi sono sempre stati periodi di clima estremo?
Viene celebrata ogni anno dal 1995, in tutto il Mondo, una giornata di sensibilizzazione sull'estensione del degrado ambientale in vaste regioni densamente abitate, che negli anni presentano segni premonitori di desertificazione.
Secondo gli studiosi, che oggi presentano l'argomento in Convegni e Dibattiti, le regioni più colpite in Italia sono la Puglia con il 60% di superficie vulnerabile, la Basilicata con il 54%, la Sicilia 47%, la Sardegna 31%. In queste regioni sono notevoli i processi di degrado dei suoli, tipici dell'area del Mediterraneo, tra cui i più importanti e diffusi sono l'erosione idrica ed eolica, il passaggio da periodi asciutti e caldi a quelli molto piovosi.
Desertificazione per l'Italia non significa che piove meno, ma perdita di quegli elementi che rendono fertile il suolo, con un trend per vaste aree di impoverimento della copertura di vegetazione.
Effettivamente, le regioni menzionate escono da una serie di stagioni piovose, eppure, a detta delle analisi effettuate, i danni ambientali anno dopo anno crescono. Ma allora cosa fare?
L'uomo, con grandi opere, può strappare terreni dal vero Deserto, gli Egizi ce lo insegnano, così anche i vicini popoli tra Libia, Tunisia e Algeria che hanno il Sahara in casa, e vi coltivano la terra. Oppure gli israeliani.
Tuttavia, la desertificazione italiana è una problematica poco rilevante, se confrontata con diverse regioni ed interi Stati del Pianeta, in Africa il 73% delle terre aride coltivate sono a grave rischio desertificazione.
Il classico "non esistono più le mezze stagioni" è diventato un tormentone: un po' come quell'altro di natura politica, "si stava meglio quando si stava peggio", di ardua interpretazione filosofica!
Qualche tempo fa scrivevamo, provocatoriamente (ma poi non così tanto), che gli italiano sono un popolo di meteo-ignoranti. Conoscono molto poco sia delle caratteristiche geo-climatiche delle loro regioni, sia della fenomenologia meteorologica, sia dei recenti modelli numerico - previsionali. Insomma, spesso non hanno gli strumenti per poter giudicare, tra le altre cose, quanto sia corretta una previsione meteo o un'analisi climatica.
Detto ciò non si può certo non constatare che gli ultimi mesi hanno messo a dura prova un altro vecchio luogo comune: il dolce e mite clima mediterraneo! Ovviamente esiste anche scientificamente la definizione di clima mediterraneo per indicare un clima temperato caldo, generalmente privo di grandi eccessi, di cui beneficiano zone della Terra come la California, il meridione del Sud-Africa ed ovviamente l'Italia. A livello popolare invece si tende a pensare che l'Italia debba essere una sorta di terra felice, immune da qualsiasi estremo meteorologico.
Gli ultimi avvenimenti hanno messo a dura prova anche questo dogma.
I mesi invernali e quelli primaverili, da novembre 2008 ad aprile 2009, hanno fatto segnare il più anomalo periodo piovoso da quando si tengono misurazioni meteo accurate, cioè da quasi due secoli. Le nostre montagne sono state sommerse da metri di neve, come non accadeva da decenni, causando notevoli problemi sia agli uomini che alla natura. È addirittura molto probabile che questa estate si potrà sciare in zone dove non accadeva da molto tempo sulle Alpi.
Poi è arrivato maggio, e improvvisamente sono cessate le piogge e sono arrivate ben due ondate di caldo africano, talmente potenti da far cadere numerosi record di caldo dell'ultimo mese primaverile. 35°C in molte località del Centro e del Nord, ma anche quasi 40°C in Sardegna!
Temperature assurde per maggio, e che sarebbero considerate molto alte anche in pieno luglio!
Ovviamente col caldo è aumentata l'energia in campo: alla minima infiltrazione di aria fresca si sono scatenati in Europa e anche in Italia fortissimi temporali, spesso purtroppo associati a trombe d'aria e disastrose grandinate. Oltretutto nel giro di pochi giorni si è passati dal clima africano, caldo e umido, a nuove nevicate a quote relativamente basse per la stagione sui monti, sia sugli Appennini che sulle Alpi.
Ora insisterà sul nostro paese per alcuni giorni una circolazione orientale, fresca e instabile, che ci ha riportato bruscamente in primavera.
Tutto ciò è normale?
Non è forse il segno che il Global Warming sta rendendo davvero più violenti i fenomeni meteorologici?
Oppure semplicemente abbiamo la memoria troppo corta, e tendiamo a dimenticare che vi sono sempre stati periodi di clima estremo?
Viene celebrata ogni anno dal 1995, in tutto il Mondo, una giornata di sensibilizzazione sull'estensione del degrado ambientale in vaste regioni densamente abitate, che negli anni presentano segni premonitori di desertificazione.
Secondo gli studiosi, che oggi presentano l'argomento in Convegni e Dibattiti, le regioni più colpite in Italia sono la Puglia con il 60% di superficie vulnerabile, la Basilicata con il 54%, la Sicilia 47%, la Sardegna 31%. In queste regioni sono notevoli i processi di degrado dei suoli, tipici dell'area del Mediterraneo, tra cui i più importanti e diffusi sono l'erosione idrica ed eolica, il passaggio da periodi asciutti e caldi a quelli molto piovosi.
Desertificazione per l'Italia non significa che piove meno, ma perdita di quegli elementi che rendono fertile il suolo, con un trend per vaste aree di impoverimento della copertura di vegetazione.
Effettivamente, le regioni menzionate escono da una serie di stagioni piovose, eppure, a detta delle analisi effettuate, i danni ambientali anno dopo anno crescono. Ma allora cosa fare?
L'uomo, con grandi opere, può strappare terreni dal vero Deserto, gli Egizi ce lo insegnano, così anche i vicini popoli tra Libia, Tunisia e Algeria che hanno il Sahara in casa, e vi coltivano la terra. Oppure gli israeliani.
Tuttavia, la desertificazione italiana è una problematica poco rilevante, se confrontata con diverse regioni ed interi Stati del Pianeta, in Africa il 73% delle terre aride coltivate sono a grave rischio desertificazione.
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