Una volta per andare a fare la spesa, le nostre nonne (per chi è gia attempato), usavano portarsi dietro la loro borsa della spesa. Poi la modernità, che ci vuole tutti agili e prestanti, il continuo imballo di cosa compriamo che vuole un suo sacchetto per lo smaltimento, ci hanno fatto vedere la vecchia e buona "borsa per la spesa", un articolo demodè, relegato solo a nostalgici e persone che, infilandoci un paio di ruote sotto, possono portarsi appresso il fardello della compra, senza appesantire i muscoli già cadenti d'anni, di un corpo non più giovane e fresco.
Ritenuti una delle invenzioni che più hanno cambiato la nostra vita, i sacchetti di plastica per metterci dentro la spesa sono però inquinanti, ci vuole tanto petrolio per farli e rimangono nell'ambiente decine e decine di anni.
Da tempo si stanno prendendo nel mondo e in Europa misure per limitarne l'uso. L'Unicoop di Firenze, prima tra le catene di grande distribuzione europee, li ha eliminati da tutti i suoi punti vendita anticipando leggi italiane e direttive Ue.
Un primo passo verso un mondo in cui il vento, nei campi, farà ondeggiare solo le spighe di grano e non bianchi e celestini sacchetti di polietilene.
Globalmente oggi si producono dai 500 a mille miliardi di buste di plastica l'anno: quasi un milione al minuto! In Italia se ne producono 260 mila tonnellate l'anno, con un consumo mensile di circa 2 miliardi.
Nel nostro paese consumiamo da soli circa un quarto del totale dei sacchetti della spesa in plastica di tutta l'Unione Europea che ne usa 100 miliardi l'anno. Un milione di tonnellate di plastica che in questo modo ogni anno vengono disperse nell'ambiente.
I sacchetti di plastica per la spesa, i cosiddetti 'shopper', finora sono stati fatti soprattutto in polietilene, un prodotto che deriva dal petrolio e, per produrli, si usa energia e si usano altri elementi chimici.
I sacchetti di plastica sono riciclabili, ma vengono poi effettivamente riciclati solo in minima parte: in genere, il loro utilizzo ultimo è quello di contenitori per altri rifiuti e finiscono smaltiti negli inceneritori o, peggio, dispersi nell'ambiente. Nei campi, in mare, sulle coste si degradano in 10-20 anni e si dissolvono completamente in circa 200 anni.
Con questi tempi lunghissimi rischiano di entrare nella catena alimentare con un carico terribile per gli ecosistemi, soprattutto quello marino. Ridurre l'utilizzo di sacchetti di plastica per la spesa è divenuto dunque un obbiettivo primario a livello globale. A partire dal 2002 molti paesi hanno preso iniziative in tal senso.
Perfino in Cina - dove per descrivere il fenomeno dei sacchetti di polietilene che inondano le strade è stato coniato il termine di 'inquinamento bianco' - sono stati messi al bando quelli più sottili e ne è stata vietata la distribuzione gratuita nei supermercati.
Anche in Europa si è corsi ai ripari, applicando tasse sui sacchetti di plastica usa e getta, promuovendo campagne di sensibilizzazione e, in alcuni casi, arrivando a proibirne l'uso.
In Italia, a legge Finanziaria del 2007 ha recepito la normativa comunitaria in cui è previsto che entro il 2010 i sacchetti in polietilene vengano sostituiti con quelli in materiali biodegradabili, le cosiddette bioplastiche.
La Cina, per produrre il suo fabbisogno di 'shopper' tradizionali (300 miliardi l'anno), raffina annualmente 5 milioni di tonnellate di greggio (37 milioni di barili circa), gli Usa, per lo stesso scopo, utilizzano 12 milioni di barili di petrolio per fare 100 miliardi di buste.
Se in Italia si evitasse la produzione delle 260 mila buste di plastica che vengono usate ogni anno, si risparmierebbero circa 380 mila tonnellate di petrolio con una riduzione di circa 760 mila tonnellate di C02 (gas responsabile dell'effetto serra) disperse nell'atmosfera.
Le attuali bioplastiche sono generalmente fatte di amido di mais e oli vegetali. Il loro utilizzo per i sacchetti può contribuire in maniera determinante al controllo dei gas serra (perché utilizzano la C02 già assorbita dalle piante). In più sono rapidamente e totalmente biodegradabili: nel giro di poche settimane si dissolvono nel suolo o nel compostaggio minimizzando gli impatti ambientali sul nostro pianeta.
Ritenuti una delle invenzioni che più hanno cambiato la nostra vita, i sacchetti di plastica per metterci dentro la spesa sono però inquinanti, ci vuole tanto petrolio per farli e rimangono nell'ambiente decine e decine di anni.
Da tempo si stanno prendendo nel mondo e in Europa misure per limitarne l'uso. L'Unicoop di Firenze, prima tra le catene di grande distribuzione europee, li ha eliminati da tutti i suoi punti vendita anticipando leggi italiane e direttive Ue.
Un primo passo verso un mondo in cui il vento, nei campi, farà ondeggiare solo le spighe di grano e non bianchi e celestini sacchetti di polietilene.
Globalmente oggi si producono dai 500 a mille miliardi di buste di plastica l'anno: quasi un milione al minuto! In Italia se ne producono 260 mila tonnellate l'anno, con un consumo mensile di circa 2 miliardi.
Nel nostro paese consumiamo da soli circa un quarto del totale dei sacchetti della spesa in plastica di tutta l'Unione Europea che ne usa 100 miliardi l'anno. Un milione di tonnellate di plastica che in questo modo ogni anno vengono disperse nell'ambiente.
I sacchetti di plastica per la spesa, i cosiddetti 'shopper', finora sono stati fatti soprattutto in polietilene, un prodotto che deriva dal petrolio e, per produrli, si usa energia e si usano altri elementi chimici.
I sacchetti di plastica sono riciclabili, ma vengono poi effettivamente riciclati solo in minima parte: in genere, il loro utilizzo ultimo è quello di contenitori per altri rifiuti e finiscono smaltiti negli inceneritori o, peggio, dispersi nell'ambiente. Nei campi, in mare, sulle coste si degradano in 10-20 anni e si dissolvono completamente in circa 200 anni.
Con questi tempi lunghissimi rischiano di entrare nella catena alimentare con un carico terribile per gli ecosistemi, soprattutto quello marino. Ridurre l'utilizzo di sacchetti di plastica per la spesa è divenuto dunque un obbiettivo primario a livello globale. A partire dal 2002 molti paesi hanno preso iniziative in tal senso.
Perfino in Cina - dove per descrivere il fenomeno dei sacchetti di polietilene che inondano le strade è stato coniato il termine di 'inquinamento bianco' - sono stati messi al bando quelli più sottili e ne è stata vietata la distribuzione gratuita nei supermercati.
Anche in Europa si è corsi ai ripari, applicando tasse sui sacchetti di plastica usa e getta, promuovendo campagne di sensibilizzazione e, in alcuni casi, arrivando a proibirne l'uso.
In Italia, a legge Finanziaria del 2007 ha recepito la normativa comunitaria in cui è previsto che entro il 2010 i sacchetti in polietilene vengano sostituiti con quelli in materiali biodegradabili, le cosiddette bioplastiche.
La Cina, per produrre il suo fabbisogno di 'shopper' tradizionali (300 miliardi l'anno), raffina annualmente 5 milioni di tonnellate di greggio (37 milioni di barili circa), gli Usa, per lo stesso scopo, utilizzano 12 milioni di barili di petrolio per fare 100 miliardi di buste.
Se in Italia si evitasse la produzione delle 260 mila buste di plastica che vengono usate ogni anno, si risparmierebbero circa 380 mila tonnellate di petrolio con una riduzione di circa 760 mila tonnellate di C02 (gas responsabile dell'effetto serra) disperse nell'atmosfera.
Le attuali bioplastiche sono generalmente fatte di amido di mais e oli vegetali. Il loro utilizzo per i sacchetti può contribuire in maniera determinante al controllo dei gas serra (perché utilizzano la C02 già assorbita dalle piante). In più sono rapidamente e totalmente biodegradabili: nel giro di poche settimane si dissolvono nel suolo o nel compostaggio minimizzando gli impatti ambientali sul nostro pianeta.
1 commento:
Sta cosa mi lascia perplesso...
Io per fare la spesa mi porto lo zaino
cmq, Dove gettiamo l'immondizia? nei sacchetti di plastica del supermercato, ovviamente...
e al supermercato dove si mette la frutta? (affinche' possa essere presa da tutti) nei sacchetti (senza tenere conto dei guanti di plastica "obbligatori" per raccogliere lafrutta) Cosa c'era una volta? il foglio che si accartocciava a forma di cono, credo cosa oramai scomparsa...
Insomma se i politici si facessero gli affari propri avremmo il fruttivendolo che ci vende le cose senza etichette sopra, senza plastica coprente ecc...
Il packaging delle cose vendute fa cumulo di immondizia, non i sacchetti di plastica riutilizzabili...
"fankulo" il riciclaggio delle multinazionali (la plastica si ricicla gettandola via)... la bottiglia di plastica si riusa e basta!
ecco perche' esistevano le bottiglie di vetro
non si gettano via per riciclarle ma si lavano e si riutilizzano!
le schede elettroniche cinesi che costano meno del singolo display comprato in negozio? com'e' possiblie questa cosa?
che i nostri venditori vendano a prezzi troppo elevati? (ok va bene, la quantita' del mercato e' diversa... acc)
insomma si combatte contro i sacchetti di plastica? il problmea e' le persone che li gettano a terra! come chi getta per terra i filtri delle sigarette... nessuna legge su quelli, miei cari politici?
o i soldini delle sigarette servono per i vostri furti? (paghe)
acc mi ero riproposto di non fare piu' post polemici, ma ci ricasco sempre... sigh...
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