Sono passati otto anni dall’11 settembre 2001 e la spirale di violenza generata da ciò che accadde quel giorno sembra ormai inarrestabile. Al di là delle dovute considerazioni sul perché sia successo tutto questo e se la versione dei disastri americani data dall’amministrazione Bush sia veritiera, o presenti punti oscuri, ciò che stupisce è stata la reazione dell’Europa, da sempre sostenitrice di una politica che andasse alla ricerca della ‘verità’. La strage del World Trade Center è stata un evento epocale, di tale enormità che anche noi europei ci siamo trovati attoniti e sgomenti di fronte alla barbarie dell’uomo. Le conseguenze di questa accettazione passiva degli eventi hanno investito più o meno tutti, al punto che eventi della nostra storia recente che rivestivano per gli italiani un drammatico significato, diventano ora quasi nulla di fronte ad una simile tragedia. Che il 27 giugno 1980 un aereo sia precipitato vicino ad Ustica, e che ancora adesso non ne se ne sappia nulla, forse è passato in secondo piano rispetto a quanto accaduto a New York. Quello però è stato il nostro 11 settembre, e non esistono tragedie piccole o grandi: esistono solo tragedie.
Forse un’ingenua accettazione della tesi ufficiale ha finito per assopire la nostra ragione, portandoci ad accettare ciecamente una versione recante curiose e incomprensibili incongruenze, senza obiettare alcunché, anche per un doveroso rispetto unanimemente riconosciuto ad una nazione così duramente colpita dal terrorismo. Se è vero che le stragi dell’11 settembre sono state di una sproporzionata enormità, è anche vero che vi sono stati, forse, grossolani errori che hanno permesso che si verificassero. La più potente forza aerea del mondo resta a guardare il dirottamento e lo schianto di quattro aerei di linea. Non quattro ultraleggeri, ma quattro aerei di linea. Bisogna dare atto agli Usa che quando fanno le cose, le fanno in grande: se i terroristi avessero dirottato quattro ultraleggeri, forse avrebbero mandato una ventina di aerei ad intercettarli, mentre quattro Boeing 757, sono sfuggiti ai sofisticati sistemi di intercettazione e difesa. Certo, in fin dei conti, anche un tedesco, a fine anni ottanta, riuscì ad atterrare nella Piazza Rossa, a Mosca, superando tutte le difese aeree; volava però a tre metri dal suolo dove nessun radar poteva intercettarlo.
Una sola persona avrebbe, dunque, organizzato questo immane disastro. Anche qui verrebbe da chiedersi come abbia fatto ad istruire i kamikaze, “…con poche lezioni di volo su velivoli monorotore Cessna, gli attentatori si sono impadroniti ed hanno pilotato i Boeing 757”, afferma la Commissione di inchiesta sull’11 settembre. Ma è veramente possibile che pilotare un Cessna o un Boeing 757 sia la stessa cosa? E soprattutto, è necessario a questo punto che le compagnie aeree spendano tanti soldi per l’addestramento dei piloti? Il presunto coordinatore e ideatore di questo macello, tale Bin Laden, vive in Afghanistan, dove l’aereo è ancora la cosa più inconsueta che si possa immaginare. Da un Paese dove ci si sposta al 70% a dorso di mulo, ha organizzato l’attacco al ‘cuore della civiltà’ eludendo i più sofisticati sistemi di sicurezza di un Paese protetto da una delle più attrezzate ed avanzate Agenzie di Intelligence del mondo. E nessuno che abbia osato dire che la cosa sembrava quantomeno sospetta.
E allora via ai bombardamenti in Afghanistan, svuotando arsenali di proiettili all’uranio impoverito, con il segreto compito - secondo ardite tesi di taluni - di ottenere un governo amico per far arrivare il petrolio del Mar Caspio fino al Pakistan. Poi la madre di tutte le affermazione, ormai smentita: “L’Iraq possiede armi chimiche, dunque va preventivamente attaccato!”. L’uomo più controllato del pianeta, Saddam Hussein - che fosse un dittatore sanguinario lo sapevano tutti da più di 20 anni - il cui Paese era già isolato dalla ‘nofly zone’ a nord, veniva attaccato da sud perché si sosteneva desse asilo ai terroristi, e perché avrebbe avuto armi chimiche di distruzione di massa, peraltro mai ritrovate. Ma in realtà è ancor più incomprensibile che, anche se gli infondati timori del governo Bush sono stati smentiti, l’esercito americano e gli alleati siano ancora nel paese dei Giardini di Babilonia. Il Governo americano, per scongiurare il pericolo terrorismo, ha pensato poi di varare una legge, la ‘Patriot Act’, che, per combattere meglio il terrorismo, limita le libertà individuali: ebbene recentemente la Corte Suprema l’ha esaminata in alcuni suoi aspetti ritenendola anticostituzionale.
A cinque anni di distanza, in sostanza, siamo legittimati a pensare che forse le cose non siano andate proprio come hanno voluto farci credere, o quantomeno che le incongruenze non manchino e che ci sia sempre da riflettere sulle ‘verità’ che ci vengono offerte da potentati e lobbies.
Forse un’ingenua accettazione della tesi ufficiale ha finito per assopire la nostra ragione, portandoci ad accettare ciecamente una versione recante curiose e incomprensibili incongruenze, senza obiettare alcunché, anche per un doveroso rispetto unanimemente riconosciuto ad una nazione così duramente colpita dal terrorismo. Se è vero che le stragi dell’11 settembre sono state di una sproporzionata enormità, è anche vero che vi sono stati, forse, grossolani errori che hanno permesso che si verificassero. La più potente forza aerea del mondo resta a guardare il dirottamento e lo schianto di quattro aerei di linea. Non quattro ultraleggeri, ma quattro aerei di linea. Bisogna dare atto agli Usa che quando fanno le cose, le fanno in grande: se i terroristi avessero dirottato quattro ultraleggeri, forse avrebbero mandato una ventina di aerei ad intercettarli, mentre quattro Boeing 757, sono sfuggiti ai sofisticati sistemi di intercettazione e difesa. Certo, in fin dei conti, anche un tedesco, a fine anni ottanta, riuscì ad atterrare nella Piazza Rossa, a Mosca, superando tutte le difese aeree; volava però a tre metri dal suolo dove nessun radar poteva intercettarlo.
Una sola persona avrebbe, dunque, organizzato questo immane disastro. Anche qui verrebbe da chiedersi come abbia fatto ad istruire i kamikaze, “…con poche lezioni di volo su velivoli monorotore Cessna, gli attentatori si sono impadroniti ed hanno pilotato i Boeing 757”, afferma la Commissione di inchiesta sull’11 settembre. Ma è veramente possibile che pilotare un Cessna o un Boeing 757 sia la stessa cosa? E soprattutto, è necessario a questo punto che le compagnie aeree spendano tanti soldi per l’addestramento dei piloti? Il presunto coordinatore e ideatore di questo macello, tale Bin Laden, vive in Afghanistan, dove l’aereo è ancora la cosa più inconsueta che si possa immaginare. Da un Paese dove ci si sposta al 70% a dorso di mulo, ha organizzato l’attacco al ‘cuore della civiltà’ eludendo i più sofisticati sistemi di sicurezza di un Paese protetto da una delle più attrezzate ed avanzate Agenzie di Intelligence del mondo. E nessuno che abbia osato dire che la cosa sembrava quantomeno sospetta.
E allora via ai bombardamenti in Afghanistan, svuotando arsenali di proiettili all’uranio impoverito, con il segreto compito - secondo ardite tesi di taluni - di ottenere un governo amico per far arrivare il petrolio del Mar Caspio fino al Pakistan. Poi la madre di tutte le affermazione, ormai smentita: “L’Iraq possiede armi chimiche, dunque va preventivamente attaccato!”. L’uomo più controllato del pianeta, Saddam Hussein - che fosse un dittatore sanguinario lo sapevano tutti da più di 20 anni - il cui Paese era già isolato dalla ‘nofly zone’ a nord, veniva attaccato da sud perché si sosteneva desse asilo ai terroristi, e perché avrebbe avuto armi chimiche di distruzione di massa, peraltro mai ritrovate. Ma in realtà è ancor più incomprensibile che, anche se gli infondati timori del governo Bush sono stati smentiti, l’esercito americano e gli alleati siano ancora nel paese dei Giardini di Babilonia. Il Governo americano, per scongiurare il pericolo terrorismo, ha pensato poi di varare una legge, la ‘Patriot Act’, che, per combattere meglio il terrorismo, limita le libertà individuali: ebbene recentemente la Corte Suprema l’ha esaminata in alcuni suoi aspetti ritenendola anticostituzionale.
A cinque anni di distanza, in sostanza, siamo legittimati a pensare che forse le cose non siano andate proprio come hanno voluto farci credere, o quantomeno che le incongruenze non manchino e che ci sia sempre da riflettere sulle ‘verità’ che ci vengono offerte da potentati e lobbies.
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