A tre giorni dell'evento che ha visto l'Aquila devastata dalle forze della natura, molti amici hanno commentato con disgusto, le ipotetiche soluzioni che il governo avrebbe applicato per far fronte alle spese che questo dramma imporrà.
Si sa che il portafoglio è un elemento sensibile e delicato, a cui tutti, pare, sono attenti. Edotti da un passato rivisto da esperti in comunicazione, indagini e scandali, affioravano preoccupazioni su nuove gabelle "una tantum" che poi si traducono in "per sempre", classico dei provvedimenti provvisori all'italiana. Riappaiono eventi non digeriti su balzelli come quelli della benzina o l'addendum sui fiammiferi di memore mezzo secolo fa. Collegamenti su fatti come nel Belice, dove è nebuloso il risvolto e l'impiego dei fondi impiegati. Ed ecco che appare:
-LA REPUBBLICA- 2009/05/07
L'AQUILA - Alla fine, dice lui, "il presidente Berlusconi se la dovrà pur prendere, la responsabilità di dire agli italiani e agli aquilani che per ricostruire davvero questa città c'è una sola strada: ci vuole una tassa di scopo". Tutto il resto, dice il sindaco del capoluogo abruzzese devastato dal sisma del 6 aprile, Massimo Cialente, "è solo una presa in giro con cui finiremo di costruire nel 2034".
Non ci crede, alle promesse senza copertura finanziaria: "Lo chiedo al governo - dice - e se non è in grado intervenga il parlamento: ci diano una mano a fare subito cassa. Nel decreto del 28 aprile i soldi per ricostruire l'Aquila non ci sono; e siccome lo sappiamo tutti che lo Stato non li ha, l'unica via è fare quello che il Paese fece nel '94 per l'alluvione del Piemonte. Si può fare un'una tantum, magari una tassa da restituire nel tempo. Lo so che mettere le mani in tasca agli italiani è difficile e impopolare, ma sono convinto che il Paese sia pronto". Cialente oggi sarà a Roma, per chiedere in commissione al Senato una "modifica radicale" del decreto che "taglia fuori gli enti locali". Non è solo questione di denaro e poteri pubblici: "Quel decreto - dice - rischia di generare una colossale speculazione immobiliare. Il ruolo di Fintecna è sempre più oscuro, e non vado oltre. Rilevando gli immobili diventerà il primo azionista del Comune".
A un mese dalla notte che ha devastato l'Aquila, il clima è sempre pesante. Per fortuna c'è Alice: è venuta al mondo mentre il mondo piangeva i morti del terremoto, proprio durante i funerali, e ieri era un'ancora e un appiglio, in braccio alla mamma sotto le grandi arcate in legno del consiglio regionale riunito "per commemorare e ricordare". "Alice è il simbolo della speranza e del futuro", sorride il presidente della Camera, Gianfranco Fini, invitato alla seduta solenne con i rappresentati degli enti locali e una parata di autorità. Stefania Pezzopane, presidente della Provincia, non trattiene le lacrime, ricordando "quei venti secondi in cui fuggivamo senza poter prendere le nostre cose". Ma non c'è solo il dolore. Sono trascorse "720 ore in cui la macchina dell'emergenza non si è fermata un istante", ricorda Guido Bertolaso, promettendo che "i soldi ci saranno". Fini non entra nel merito, ma auspica siano "risorse congrue". Da parte sua il presidente della Camera Renato Schifani auspica per "per la ricostruzione dell'Abruzzo si segua il modello Friuli".
Mi chiedo a questo punto, che fine fanno i fondi d'aiuto inviati dagli altri paesi, le offerte volontarie e tutto il resto; sono somme da non poco conto. Vero, magari non raggiungono il tetto per una copertura totale dei danni, ma a dire che non ci sono denari e "far cassa" per ogni cosa...
D'altronde ai governi va bene così, in un mondo di materialismo dove la ricchezza è sinonimo di fatturato, il PIL ne beneficia. Catastrofi e drammi umani gonfiano il magico numero, portandolo verso quei parametri ai quali ci siamo sposati per dimostrare opulenza nel club degli stati membri G8-G20 e via dicendo; lì la fa da padrone chi dimostra di avere il conto più grosso (come da bambini ricordate, quando si faceva a gara a chi...)
Poco importa se alla fine il popolo si lamenta, tanto si adegua e paga. E hanno ragione. Fino a quando si piange, significa che si ha ancora da perdere. Attenzione a non superare il limite, dato che la storia signori governanti, non v'insegna nulla. Re Angioino domandava la reazione del popolo ai gabelli che via via imponeva al suo ministro e aumentava il peso ogni volta si sentiva rispondere che il popolo piange. Fino a quando questo ministro gli relazionò che il popolo ride... Il tiranno capì che aveva raggiunto il limite. Se vuoi togliere anche quello che la gente non ha, la reazione è d'ilarità.
Ebbene, questo che si poteva verificare fra i vagabondi cittadini, che all'aumento delle pressioni fiscali reagivano con un sorriso rilassato e divertito, visto che l'aumento del 5, 10, 15 percento di tassa su quanto si possiede non fa che sorridere chi non ha nulla, oggi si riscontra nei nostri colleghi, nei nostri vicini, nei nostri amici, in noi stessi.
Ignorare il messaggio di fondo che ne viene, significa porsi nelle conseguenze che la storia ci ha sempre mostrato (rivolte, delinquenza, ecc.).
Si sa che il portafoglio è un elemento sensibile e delicato, a cui tutti, pare, sono attenti. Edotti da un passato rivisto da esperti in comunicazione, indagini e scandali, affioravano preoccupazioni su nuove gabelle "una tantum" che poi si traducono in "per sempre", classico dei provvedimenti provvisori all'italiana. Riappaiono eventi non digeriti su balzelli come quelli della benzina o l'addendum sui fiammiferi di memore mezzo secolo fa. Collegamenti su fatti come nel Belice, dove è nebuloso il risvolto e l'impiego dei fondi impiegati. Ed ecco che appare:
-LA REPUBBLICA- 2009/05/07
L'AQUILA - Alla fine, dice lui, "il presidente Berlusconi se la dovrà pur prendere, la responsabilità di dire agli italiani e agli aquilani che per ricostruire davvero questa città c'è una sola strada: ci vuole una tassa di scopo". Tutto il resto, dice il sindaco del capoluogo abruzzese devastato dal sisma del 6 aprile, Massimo Cialente, "è solo una presa in giro con cui finiremo di costruire nel 2034".
Non ci crede, alle promesse senza copertura finanziaria: "Lo chiedo al governo - dice - e se non è in grado intervenga il parlamento: ci diano una mano a fare subito cassa. Nel decreto del 28 aprile i soldi per ricostruire l'Aquila non ci sono; e siccome lo sappiamo tutti che lo Stato non li ha, l'unica via è fare quello che il Paese fece nel '94 per l'alluvione del Piemonte. Si può fare un'una tantum, magari una tassa da restituire nel tempo. Lo so che mettere le mani in tasca agli italiani è difficile e impopolare, ma sono convinto che il Paese sia pronto". Cialente oggi sarà a Roma, per chiedere in commissione al Senato una "modifica radicale" del decreto che "taglia fuori gli enti locali". Non è solo questione di denaro e poteri pubblici: "Quel decreto - dice - rischia di generare una colossale speculazione immobiliare. Il ruolo di Fintecna è sempre più oscuro, e non vado oltre. Rilevando gli immobili diventerà il primo azionista del Comune".
A un mese dalla notte che ha devastato l'Aquila, il clima è sempre pesante. Per fortuna c'è Alice: è venuta al mondo mentre il mondo piangeva i morti del terremoto, proprio durante i funerali, e ieri era un'ancora e un appiglio, in braccio alla mamma sotto le grandi arcate in legno del consiglio regionale riunito "per commemorare e ricordare". "Alice è il simbolo della speranza e del futuro", sorride il presidente della Camera, Gianfranco Fini, invitato alla seduta solenne con i rappresentati degli enti locali e una parata di autorità. Stefania Pezzopane, presidente della Provincia, non trattiene le lacrime, ricordando "quei venti secondi in cui fuggivamo senza poter prendere le nostre cose". Ma non c'è solo il dolore. Sono trascorse "720 ore in cui la macchina dell'emergenza non si è fermata un istante", ricorda Guido Bertolaso, promettendo che "i soldi ci saranno". Fini non entra nel merito, ma auspica siano "risorse congrue". Da parte sua il presidente della Camera Renato Schifani auspica per "per la ricostruzione dell'Abruzzo si segua il modello Friuli".
Mi chiedo a questo punto, che fine fanno i fondi d'aiuto inviati dagli altri paesi, le offerte volontarie e tutto il resto; sono somme da non poco conto. Vero, magari non raggiungono il tetto per una copertura totale dei danni, ma a dire che non ci sono denari e "far cassa" per ogni cosa...
D'altronde ai governi va bene così, in un mondo di materialismo dove la ricchezza è sinonimo di fatturato, il PIL ne beneficia. Catastrofi e drammi umani gonfiano il magico numero, portandolo verso quei parametri ai quali ci siamo sposati per dimostrare opulenza nel club degli stati membri G8-G20 e via dicendo; lì la fa da padrone chi dimostra di avere il conto più grosso (come da bambini ricordate, quando si faceva a gara a chi...)
Poco importa se alla fine il popolo si lamenta, tanto si adegua e paga. E hanno ragione. Fino a quando si piange, significa che si ha ancora da perdere. Attenzione a non superare il limite, dato che la storia signori governanti, non v'insegna nulla. Re Angioino domandava la reazione del popolo ai gabelli che via via imponeva al suo ministro e aumentava il peso ogni volta si sentiva rispondere che il popolo piange. Fino a quando questo ministro gli relazionò che il popolo ride... Il tiranno capì che aveva raggiunto il limite. Se vuoi togliere anche quello che la gente non ha, la reazione è d'ilarità.
Ebbene, questo che si poteva verificare fra i vagabondi cittadini, che all'aumento delle pressioni fiscali reagivano con un sorriso rilassato e divertito, visto che l'aumento del 5, 10, 15 percento di tassa su quanto si possiede non fa che sorridere chi non ha nulla, oggi si riscontra nei nostri colleghi, nei nostri vicini, nei nostri amici, in noi stessi.
Ignorare il messaggio di fondo che ne viene, significa porsi nelle conseguenze che la storia ci ha sempre mostrato (rivolte, delinquenza, ecc.).
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