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giovedì 28 maggio 2009

Vedova di Tito alla fame; nemesi storica


Per lei non c’è pensione perché suo marito «non aveva stipendio»

Prima di sposarsi con Lui, il Maresciallo Josip Broz Tito, nei corridoi delle stanze del potere belgradese era soprannominata «la puttana del presidente». Definita dallo stesso Tito «troppo selvaggia», riusciva a silurare chiunque le fosse antipatico, non importa se generale o ministro. «Perché (era solita dire con malcelato disprezzo) i serbi hanno sempre trucidato i loro sovrani». Ma stavolta tocca a lei «morire», nell’impietosa agonia dell’indifferenza. Jovanka Borz Tito, infatti, vive, o meglio, sopravvive tra le macerie della storia.

Sola e abbandonata. Dagli uomini e dal mondo. Da «puttana del presidente» a vecchietta di 84 anni, sfrattata dalla solitaria villa in cui venne «reclusa» dopo la morte del marito (ironia della sorte a pochi passi dal palazzo presidenziale di Dedinje, il quartiere vip di Belgrado).

All’esterno poteva e può sembrare una sistemazione decorosa. Ma al suo interno l’umidità segnava le pareti e d’inverno alla vedova Tito veniva pure tagliato il riscaldamento. Poi l’ulteriore sfratto in un alloggio popolare.

Così Jovanka si rivolge a un assistente sociale a chiedere aiuto, ma all’ufficio comunale il timido funzionario si sente rispondere che «quelli non erano affari suoi».

Eppure all’Ufficio federale della proprietà immobiliare sostengono di conoscere le difficoltà in cui versa la «signora Jovanka». «Le abbiamo più volte telefonato - dicono - ma lei non risponde. Potremmo anche trasferirla in un altra abitazione, ma se le si nega...». E che la situazione stia vieppiù peggiorando lo dimostra il fatto che lo scorso 4 maggio, anniversario della morte del Maresciallo avvenuta a Lubiana nel 1980, Jovanka non si è recata sulla tomba (peraltro restaurata di recente) del marito (meglio nota come Casa dei fiori).

«Non vado più a visitare la tomba di mio marito - ha dichiarato al quotidiano serbo Politika - perché ho paura di incontrare qualche funzionario statale che mi imponga di sottoscrivere la dichiarazione in base alla quale io lascio ogni mio avere allo Stato».

Così la vedova dell'ex leader jugoslavo Josip Broz Tito ha rotto un decennale silenzio per denunciare di essere stata abbandonata da tutti dopo la morte del marito, 30 anni fa.

«Subito dopo la morte di Tito, sono stata buttata fuori casa come una valigia, in camicia da notte, senza nulla, senza poter prendere una foto di noi due, una lettera, un libro, dei vestiti», racconta Jovanka Broz in un'intervista pubblicata dal quotidiano serbo Politika, che la presenta come la prima da lei concessa dopo la scomparsa di Tito, il 4 maggio 1980.

«Contro la mia volontà, mi hanno sbattuta in un alloggio, assicurandomi che sarebbe stato provvisorio. Ma ci vivo ancora, dopo circa tre decenni», afferma la moglie del leader jugoslavo, che ha 84 anni.

Jovanka Broz oggi vive nell'isolamento, con scarsi mezzi, evitando i contatti con i media. Due anni dopo la la scomparsa del marito fu informata che non avrebbe ricevuto una pensione perchè non aveva una carta d'identità e perchè Tito, che aveva governato la Jugoslavia dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla morte , non percepiva un salario.

Ora però il ministro degli Interni della Serbia, Ivica Dacic fa sapere che si occuperà personalmente dello status della vedova di Tito cui dovrebbe essere concesso finalmente il passaporto e la carta d’identità. Vedova Bros che nel 1977 ha conosciuto anche gli arresti domiciliari con l’accusa di aver tramato con alcuni generali un colpo di Stato dagli oscuri controni filo-sovietici. Qualcuno sostiene che sia stata anche rinchiusa nel carcere di Spalato.

Eppure, nonostante il «de profundis», intonato dai media serbi, in Bosnia fonti sostengono che Jovanka, appena in possesso dei nuovi documenti di identità, potrebbe rivendicare l’eredità di 2 miliardi di dollari del marito custoditi in una banca Svizzera.

I soldi proverrebbero dal periodo tra le due guerre mondiali, quando il futuro presidente jugoslavo possedeva apparentemente anche il 30 per cento del lussuosissimo Hotel Imperial di Vienna. E, in effetti, presunto colpo di Stato a parte, non c’è stato alcun motivo giuridico per il decennale isolamento della vedova Borz, ma fonti sostengono che l’«esilio in patria» era dovuto proprio per evitare che Jovanka entrasse in possesso del tesoro di Tito.

Oggi lei non è più la regina, è solo una strega di un regime odiato. Odiata dai serbi, che non perdonano al defunto Maresciallo di aver tenuto lo stivale dell’ideologia fortemente premuto sul loro capo da sempre proteso verso gli agognati lidi disegnati da un mai sopito nazionalismo, è stata ripudiata anche dalla sua terra natia croata (è nata nel villaggio di Pecani, nella Lika) che la considera, invece, l’ultimo totem del comunismo, storico avversario di quello spirito secessionista che ha condotto Zagabria all’indopendenza.

Oggi Jovanka è solo una vecchietta che come tante, in Serbia, ma non solo, non ha neppure i soldi per arrivare alla fine del mese.

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