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lunedì 4 maggio 2009

All'estero Berlusconi è sinonimo di barzelletta


Sorpresi? Indignati? Difficile dirlo. La maggior parte degli italiani semplicemente non sa che durante una visita ai terremotati Berlusconi ha paragonato l'esperienza delle famiglie costrette a dormire in tenda nel clima gelido dell'Abruzzo ad una gita in campeggio.

I telegiornali passarono diplomaticamente sotto silenzio l'ultima gaffe e i quotidiani, perlopiù, seguirono il loro esempio. Il buon uomo, dopotutto, voleva solo tirare su il morale a tanta povera gente. L'unico titolo di rilievo fu quello del Manifesto: "Berlusconi gaffeur anche in Italia. Il "giorno in campeggio" fa scandalo. Ma solo all'estero". Tutto qua. Tutto normale, anche lo spettacolo del primo ministro che si agita davanti alle telecamere e le autorità riunite con un enorme casco da pompiere in testa mentre saluta un'anziana signora rimasta senza casa. Siamo assuefatti.

Le brutte figure di Berlusconi fanno notizia all'estero, non in Italia. L'incredibile scia di sceneggiate e passi falsi del nostro primo ministro in Europa, mentre tentava in tutti i modi di entrare sotto i riflettori di Barack Obama, lasciò stupefatto il resto del mondo e la maggior parte degli italiani apparentemente rassegnati. E' una vecchia storia che sorprende gli stranieri ma non chi conosce la situazione dei media in Italia.

I problemi cominciano quasi sempre quando il nostro si avventura all'estero. A Mosca l'anno scorso, come tutti si ricordano, salutò il presidente-eletto Obama come "bello, giovane e abbronzato". (Dando voce ai tanti italiani che si vergognarono, Carla Bruni-Sarkozy si dichiarò felice di non essere più cittadina italiana.) Già nel 2003, durante un dibattito al parlamento Europeo di Strasburgo, Berlusconi aveva chiamato un europarlamentare tedesco "kapò", come venivano chiamate le guardie nei campi di concentramento, e disse che lo avrebbe proposto per una parte in un film sui lager. Nello stesso anno tentò di invogliare gli investitori di New York con l'irruenza del sessista impenitente: "Un'altra ragione per investire in Italia è che abbiamo delle bellissime segretarie". L'elenco continua.

A casa, invece, l'immagine del premier e le sue uscite pubbliche sono minuziosamente curate. Di solito sceglie lui le domande e il suo staff gestisce tutti i suoi movimenti. Le telecamere vengono collocate in modo da garantire una ripresa favorevole. Bisogna ricordare che la metà dei giornalisti in Italia lavora per lui, e l'altra metà sa che potrebbero farlo un giorno.

Attraverso il suo gruppo Mediaset, Berlusconi e la sua famiglia controllano tre canali televisivi privati (la società di raccolta pubblicitaria Publitalia rifornisce anche buona parte delle altre), due quotidiani, una squadriglia di riviste, un circuito cinematografico e il maggior editore di libri. Dubbi di conflitto d'interesse? E' stato cancellato da una legge ad hoc che l'ultimo trafelato governo di Romano Prodi non fece in tempo a cancellare. Grazie ad un'altra legge-simbolo Berlusconi ha superato le sentenze della Corte costituzionale, legalizzando il suo quasi-monopolio e rafforzando la manomorta della politica sul servizio pubblico radiotelevisivo.

Mentre il terremoto continuava a provocare vittime e sofferenze in Abruzzo, tutti gli alti incarichi della Rai erano in discussione. Ora che il Parlamento ha trovato un accordo sui componenti del consiglio di amministrazione, Berlusconi e i suoi alleati si stanno concentrando sui telegiornali. Tutti i capi delle tre reti, dei telegiornali e dei servizi radiofonici sono in ballo. Secondo tradizione, il presidente del Consiglio dovrebbe scegliere il nuovo capo del TG1. All'ex-titolare, che non mancò mai di riguardo nei confronti di Berlusconi, anche quando era all'opposizione, ha goduto di un atterraggio morbido, con la direzione di uno dei giornali più importanti del paese, Il Sole 24 Ore.

Dovrebbe preoccupare qualsiasi italiano constatare che la trattativa per le nomine di vertice nei media del paese è talmente sistemica che anche grandi giornali privati si trovano coinvolti nella stessa tornata negoziale del servizio pubblico radiotelevisivo. Nessuno ha fatto una piega e la notizia della nomina fu riportata con zelo da tutti i media del paese.

In questa situazione forse non ha più senso parlare dei media come cani da guardia della democrazia. Ci saranno sicuramente eccellenti reportage televisivi sul perché tanti edifici nuovi sono crollati nell'ultimo terremoto, malgrado le norme anti-sismiche vigenti – evidentemente non rispettate. Ma questi servizi verranno quasi sicuramente mandati in onda a tarda notte sull'unico canale televisivo concesso all'opposizione. Sempre che il nuovo titolare della rete ritenga giusto rinnovare i contratti dei migliori giornalisti investigativi.

Di ritorno dal suo ultimo giro a Londra e Strasburgo Berlusconi si infuriò con i giornalisti che avevano descritto i suoi passi falsi, minacciando "provvedimenti". Ma forse il primo provvedimento che il primo ministro dovrebbe adottare è quello di pensare prima di aprire bocca.

This is an Italian version of a piece that appeared in the Guardian last Friday, reprinted given the pertinence to an Italian readership


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